Trento, 9 maggio 2016. – Dopo i decenni [decine o unità] i pezzi e i pezzetti si riuniscono. Non nasce niente di grande, ma un grumo nasce, piccolissimo. Non è un grumo fantastico, ma è pratico [ha un piccolissimo peso, ma ha peso]; non è patetico, ma vive, sicuramente [e impara súbito le qualità di questa vita: la durezza e il distacco, nello stesso tempo, la violenza e la dignità]. Rebis è un nome abbastanza giusto per definire la cosa. Oppure uomo-donna, re, opera, ma non sarà un nome definitivo. Il nome definitivo dovrà essere un nome cristiano e tradizionale. Il grumo è compatto e denso, non è aereo e non è liquido. Oggi inizia un nuovo corso insperato, ma è successo, e se è successo è già passato un po’ di tempo, poi passa altro tempo, mentre il grumo duro cresce ancora. Piú cresce e piú si riconosce: io sono roba nuova, io sono roba buona, e io e tanto e io e questo e io io io, olé. Intanto la cultura è morta e il carattere è morto, quasi tutto, come è morta la figura del corpo, tutta esplosa. La coscienza riparte delicatamente; non ricorda e non sa niente, ma sa di esserci. Sa di aver saputo molte cose, ma le ha perse tutte. Sa anche di essere unica e perfetta, qui e ora, e sa che c’è un compito, qualcosa di vago, ma un dovere; forse un dovere, sì, forse un dovere militare. In realtà non sa ancora che cosa sia un dovere e non può articolare una lettera: quello che appare nella mente è distrutto súbito, perché non c’è ancora la memoria. La prima coscienza fu gloriosa ma non esiste piú. Quello che accade ora è un getto insperato, uno schiaffo del seme, un moto dell’aria in un posto cavo, e intanto qualcosa si è mosso, perché c’era già, e guai a chi ne dubita; il getto e lo schiaffo negano il Bel Niente, negano la maschera funebre e la carlinga esplosa, la macelleria totale e il forno della meglio gioventú. È accaduto un fatto e il fatto si chiama composizione: pezzetti e pezzi, pelle, ossa, capelli, occhi, stomaco, bocca, cinque sensi piú il talento, cioè l’estremismo della sinestesia, da ora in poi; ma prima di tutto è la ricomposizione di un io, che fu morto e disperso. La composizione non può non piacere. Morto un giàcomo se ne fa un altro, olé, e io e io e io sarò roba buona, roba da re, oppure un re. Poi la fantasia tace, per buona educazione. La fantasia tace qui, per una quindicina d’anni in cui si riprova l’infanzia.
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