Nel 1941, le divisioni italiane Ariete, Brescia e Trento si lanciarono verso la Cirenaica, una regione crucialmente strategica. Gli eventi di quella campagna sono stati descritti in maniera singolare: un mix di leggerezza apparente e una narrazione forzatamente naturale, quasi come se la guerra fosse un gioco. Molti giovani, in particolare gli universitari, affrontavano la guerra con una mentalità goliardica, come se fosse un’esperienza temporanea, un’avventura piuttosto che una lotta mortale.
In quel deserto impervio del Nord Africa, i soldati italiani spesso si trovavano sottoequipaggiati, specialmente quando dovevano affrontare i potenti carri armati britannici. Ma l’ingegno e la determinazione spesso supplivano alla mancanza di attrezzature. Molti soldati scavavano buche nella sabbia come rifugi temporanei. Dopo il passaggio di un carro armato nemico, emergevano, si arrampicavano sul retro del veicolo e, in un atto di audacia, lanciavano una granata all’interno, immobilizzandolo. Queste azioni erano al limite del suicidio, ma dimostravano il coraggio e l’ardimento dei soldati italiani.
Una figura emblematica di quel periodo è Lorenzo Franchi, originario di Verona, nato nel 1919. La sua esperienza in Libia fu segnata da episodi di coraggio, ma anche da una tragedia personale quando perse un occhio a causa dell’esplosione di una mina. Questo tragico incidente gli valse una medaglia d’argento, un riconoscimento delle sue gesta eroiche, consegnatagli personalmente dal famigerato generale Rommel. Ma la storia di Lorenzo non finisce qui. Dopo la guerra, un incontro casuale con la sua “madrina” di guerra, Augusta, a Verona, li portò a riconoscersi e, successivamente, a sposarsi. Questo episodio, quasi fiabesco, mostra come la guerra, pur con tutto il suo orrore, può portare anche a storie d’amore inaspettate.
Nel periodo post-bellico, Lorenzo si trasferì a Verona e intraprese la carriera giornalistica. Durante le nostre numerose visite, spesso parlavamo di guerra, politica, letteratura e, naturalmente, dei suoi giorni in Libia. Un giorno, mi regalò un libro intitolato “Bu-Ngem” di Enrico Genovesi. Quest’opera, pur con le sue imperfezioni narrative e stilistiche, offre una panoramica dettagliata e vivida della guerra in Nord Africa dal punto di vista italiano.
Genovesi non si limita a una semplice cronaca degli eventi. Egli sottolinea l’eroismo, la determinazione e il valore del soldato italiano. Contrasta le forze britanniche, sempre supportate dalla loro flotta, con le forze italiane spesso lasciate a sé stesse. Attraverso le pagine, emergono storie di coraggio, sacrificio e resilienza. Ma Genovesi non evita di affrontare le critiche, soprattutto quelle rivolte ai comandanti e alle decisioni strategiche.
Nel complesso, sia la storia di Lorenzo che il libro di Genovesi ci offrono una finestra su un periodo turbolento della storia italiana, mostrando il coraggio e la determinazione dei soldati italiani e le complesse dinamiche della guerra in Nord Africa. Queste storie servono come promemoria del prezzo del conflitto, ma anche della capacità dell’uomo di trovare luce anche nei momenti più bui.