Trento, 15 febbraio 2014. – Bambola, bambolina, a che punto sei arrivata stamattina? – Sono arrivata a sognare e sono sola, sono la mente e l’acqua mattutina, e se parlo un po’ come Gibran – inorridisci? – è una volontà [e: una voluttà]. Posso dire “mi piace”? Mi piace. Mi piace. Mi piace. E ho sognato l’assenza di compagni e di compagne; e che non dialogavo più, ma osservavo, con tutti i sensi tesi. Lo vedi: mi sento lirica, mi piace. Bambola, bambolina, a che punto sei arrivata stamattina? – Sono arrivata ad un nodo. È una questione privata, anzi no: è privatissima. L’amico “di cui il mio cuore si rallegrava” – o l’amica – non è tutta la mia vita. Era una cosa temuta segretamente. E se parlo con lo stile di Pavese, un po’, non credo di dovermi vergognare. Mi sento bene, e in più sono lirica. Bambola, bambolina, a che punto sei arrivata stamattina? – NON posso più reggere una struttura, nemmeno un appuntamento. E neanche l’ombra dell’irreale. Sangue seme saliva, sudore fiele umore, passione familiare e odore; tutto deve essere corporale, tutto, oppure non è reale. Capisci? Io non voglio ostentare, ma voglio pubblicare; pubblicarmi. Pubblicare non è un’ostentazione: pensa ad una canzone come “Amico fragile”, d’accordo? Se no, parlo da sola, e io sono una bambina pubblica, ma non vile; una parte bambina e pubblicata, fino all’ultimo. E se sono la domina delle mescolanze non mi dispiace esserlo. Sono un’idea e mi sono sviluppata, fino a qui. Sono un’anima esperta (e il mio nome è retorico, lo so); sono sottile, sottilissima. Dante disse: sei una muliercula. Bene, ora sono una Domina. Ma questo ti interessa? Dimmi, ti interesso? Bambola, bambolina, a che punto sei arrivata stamattina? – Sono arrivata a te e lo sai. Ho messo a punto il desiderio – in tutti i sensi – e la tecnica (in tutti i sensi). Ho affinato lo stile e lo sai, la conoscenza del pubblico e lo sai. Non sono un’attrice e non lo sarò mai, mai veramente; ma mi sono vista a Lisbona, a Kiev, a Mosca, a Marbella, a Londra, a Marsiglia, in India; mi hai portata ai festival del cinema, mi porterai in Messico: io ero la tua immagine e il tuo simulacro – oppure il tuo amore, il tuo corpo, proiettato, strano, e furioso e calmo; ed ero chi sei, capisci? Questo mi è piaciuto davvero: mi è piaciuto apparire, e non essere. Ora sono nella mia vetrina, come dice la canzone. E mi difendo bene, e mi difendo come posso. Questo mi piace: apparire, anche senza un mestiere. Io parlo come un personaggio – uno qualunque, quello che ti piace – e non posso contestarmi. Ma nemmeno tu potresti: hai bisogno di me. Bambola, bambolina, a che punto sei arrivata stamattina? – Al punto che ti facevo male nelle gambe, perché tu facevi male, nella mente. In fondo, io esisto, ma dentro: nell’espressione del tuo corpo. Il Corpo sei tu. Io sono l’Anima – il mio nome è retorico e mi registro per necessità lirica – e ho notato; ho annotato tutto. Ieri eravamo nell’aula di Mantova, in una scuola: c’erano cento ragazzi e abbiamo parlato del Padre. Chi è il Padre? È il solito Dante, Dante abbondante, Dante importante. [E il pianoforte non si poteva aprire: così abbiamo dovuto parlare, parlare e basta: va bene]. Tre ore di parola [e comedìa; e parodìa] è un tempo lungo: hai spinto bene, hai provato un piacere lungo, anche troppo. Sei passionale e ti piace, sei come un animale e non c’è di meglio, se ti esponi. E ricordi? Abbiamo parlato di Marsia, perché Dante invoca Apollo. È il Canto I del Paradiso: Dante invoca chi scuoia Marsia, vivo, “dalla vagina” del suo corpo. Apollo The Ripper vince e non è chi perde. E togliere la pelle è roba forte, come in quell’episodio di Dylan Dog – ricordi? Alla fine, il Genio della Letteratura scuoia lo scrittore. È la fine e tutto si paga, ti dico. E continuo. Marsia paga e Dante chiede la pelle degli altri. Io ti conosco: ti piace dire che l’arte ha sempre questo odore, di sangue o di questioni seminali. Sì, lo so, è una versione violenta dell’estetica, ti appoggio, ma ora basta: Marsia è spellato e Apollo invecchia con il suo rasoio, come le ceneri dell’Italia vecchia (viene Renzi, capisci? Viene RENZI!), come le Veneri di un passato spento. Bene; e noi ci spingiamo oltre. Andremo in Messico, presto. Io sono qui, sempre, “come un sigillo sul tuo cuore”, perché tu sei mio e io sono tua: nera & bella, no? Fantastico ma vero, vero sempre. Nessuna mediazione, solo ostentazione: pubblicazione pratica. E poi sto anche in vetrina – mia: di me – e ci sto bene.
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