Trento, 2 aprile 2014. – Adesso Arrau suona, suona perfettamente, suona lentamente il terzo tempo della Sonata 31 di Beethoven. Ho letto – e preso, per cancellarli sùbito – appunti sui progetti sinarchici, sulle magie, su Grillo e Casaleggio, su Monti e sull’Europa, perché la Rete parla di tutto; intanto Paolo Barnard soffre a causa di Warren Mosler (e l’Italia soffrirà di più); e il Veneto sogna l’indipendenza (sì, no, forse), ma Arrau suona e ora sono senza storia, qui, con altri progetti e senza storia, senza storia e con altri progetti, non pochi, tutti qui. Ieri è venuto un fotografo, Fabio Giovinazzo, a fotografare – documentare e testimoniare, anche – questa casa nella Città Barbara, e me che ci abito. Il risultato servirà ad operazioni non volgari: poi si saprà anche questo. Ora: uno può anche estetizzare (il bel viso di Cristina Campo), vedere tutto dolce & intenso, ma c’è la durezza che ti rompe la faccia (la tradizione cattolica di Cristina Campo, da prendere o lasciare). Morale: chi ama un’idea vaga non ama niente di reale (e teme la realtà). Chi adora una grazia spirituale – i begli occhi & il dolce viso… oh la grazia la grazia, qualunque cosa sia, la grazia la grazia la grazia – non ama niente di reale, e teme la realtà. Cosa ti costa amare Passo d’addio? Quella è solo poesia e morta lì. Ma farsi piacere la metà furiosa di Sotto falso nome è un lavoro: o si prende o si lascia. Intanto Arrau suona sempre, perfettamente e lentamente, e Abel Ferrara dice che sa chi ha ucciso Pasolini. Ora lo sa, ma prima non gliene importava niente e lo disse. Forse ha saputo qualcosa, forse no, intanto Pino Pelosi riappare e dice che solo lui sa la verità, sì ma non tutta, solo l’ottantacinque per cento; intanto il disco va avanti e inizia la Sonata 32. E io (tre volte senza storia, cioè fuori, e con la lietezza – parola antica – del non appartenere più, del non rispondere più) sono stanco di idee e di ideologi; e di idolatri. La casa è un luogo, ma a parte. La casa è parziale, ma è senza storia, perché è solo la compagnia dei corpi – cioè i rapporti – a creare la storia. La solitudine è antistorica perché la storia è abbandonata, il sesso è metastorico perché la storia è tralasciata (ma non molto, di solito: undici minuti). Qui Arrau suona ancora, come se fosse vivo, qui (e questo è importante: come se fosse ancora vivo). Ma chi è solo manca di carità? O manca – solo – di dispersione (e sta da solo)? Così torno all’idea senza storia, secondo l’inizio del diario. Penso: solo nelle opere – opere dell’uomo, non opere in senso teologico – vedo la resistenza: proprio così. Questa resistenza non contempla la signoria storica dei rapporti; e nessun idolo.
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