In “Io non sono qui” di Haynes, un giovane si introduce come A-Erre-Ti-Acca-U-Erre, con il cognome Erre-I-Emme-Bi-A-U-Di. Ha circa vent’anni e chiede se può accendere una sigaretta. La sequenza è ripresa in bianco e nero.
Questo personaggio, evidentemente ispirato a Rimbaud, non rappresenta il poeta storico, ma è piuttosto una rappresentazione esagerata, un attore che indossa la maschera del poeta. È un Rimbaud così caratterizzato da sembrare più Rimbaud del vero Rimbaud, proprio come Warhol in Factory Girl o come Elio Germano nel film “Il Giovane Favoloso”, dove interpreta Leopardi. Nel caso di Germano, l’interpretazione è talmente estremizzata che supera la realtà: è un Leopardi con una gobba pronunciata, ma senza l’accento recanatese autentico.
Queste rappresentazioni, a volte, rischiano di ridurre il personaggio a una caricatura, come suggerito dall’osservazione che “una gobba non fa primavera”. La rappresentazione eccessiva a volte può apparire così autentica da perdere il contatto con la realtà.
Nel film “Il Cielo sopra Berlino”, Peter Falk, interpretando se stesso, rivela a Bruno Ganz di essere stato un angelo. Questa rivelazione è credibile non perché Falk indossi le ali o perché citi un angelo, ma perché la sua interpretazione è genuina e sottolineata. Falk non è una caricatura o una mera rappresentazione, ma appare come una figura reale.
Le maschere e i feticci, anche se possono essere interpretati in modo realistico, non sono necessariamente reali. Falk, al contrario, è palpabile. Questo commento è fatto da una prospettiva personale, che non aspira alla purezza, ma piuttosto a un punto di vista strategico. Infine, lo stile di scrittura cambia, suggerendo una trasformazione o un cambio di prospettiva dell’autore. Questo non implica innocenza, ma piuttosto una variazione nella presentazione.