Trento, 24 novembre 2014. – A volte si prova uno stile, ma ora è disperato, è la dolcezza per riscaldare la mente, tutta a scatti e a salti, un autore parla semplice e non risponde nessuno, sì, arriva a zero, si mortifica, l’autore sembra minore di tutti, ma l’ingegnoso è furbo, e l’uomo si dice “ho visto tutto”; è autore, fin qui giocava con lo stile, ma lo sforzo non è più possibile e adesso basta rivoluzione, e segno il punto in cui lo sforzo cessa, ed ora si riparte, per non poter salvarsi due volte dalla furia, inconcepibile due volte, posso solo ripetere ed aumentare il vecchio ritmo in un ritmo nuovo. La violenza, creata dal proposito di chi cerca la guerra, sembra ispirata a due scelte vicine, l’una fatta per non sparire, l’altra, con voce balorda, “io ti distruggo”, tu porti quei tentacoli in testa, ma è solo la voglia di sembrare il dio Cthuhu: qui c’è chi vivrà, secondo la storia, e qui starai bene, come per esempio chi va da solo con puttane che ridono per l’emozione, ma poi saltiamo tutto, con un bel compromesso, in questa larga e lunga vetrina, dove molta gente ha poco ma almeno ha la pace nella vita.Se ci sai fare, il libro parla con un vocìo vivo e nervoso; ma qui sempre in gerghi e in idioletti, in urla e in lingua marcia, usanze spaventose da scrittori, che il lettore sopporta. ORA PAUSA. Spiegazione: queste righe hanno imitato il ritmo delle prime righe dei Promessi Sposi. Membro per membro, punto per punto, osso per osso, piede per piede. Le sillabe e le sinalefi sono lì per essere imitate, ma anche sporcate, in nome della paratassi che sostituisce l’ipotassi: una specie di Lovecraft sputato fuori da Céline, nervi su nervi, nervi dopo i nervi; e con l’atmosfera tra buio e luce… La carta della Temperanza, per esempio: un esempio di equilibrio. E un odore (non puzza) di polline e sudore, sempre quello, l’odore della Venere. Il suo. E lei è bella, lo è da sempre e si vede. Dall’altro lato, un Mercurio, per esempio, un dio della lingua sciolta, ecc. Per il confronto, ecco l’oro originale, cioè la prova del dove & quando, di dolore in dolore e di dolcezza in dolcezza. Il ritmo cresce dove altro – molto – manca. Ma c’è chi è fortunato, perché sa a chi scrive; e benedice l’uso e l’inventore del telefono. Per tutti gli altri, c’è la Rete. Ecco qui: “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque”.
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