Trento, 26 febbraio 2014. – Gaudente (e feroce) e animabèlla chi ascolta il quarto tempo della sonata Hammerklavier, mentre il mondo brucia; e l’Italia si dona il nuovo, perché non ha futuro, e se lo deve creare; intanto la gente muore di lavoro, prima perché c’era, ora perché manca. È un bastardo, il gaudente? Dipende da come lo chiamate. Non è un “lavoratore della conoscenza”, come si diceva. Non è del tutto un umanista. È un sensibile? Per carità, non dite che è sensibile. È un animale “abile e sinuoso” (però non “violenta torrido”, e perché dovrebbe?). Ecco la parola: è un animale ed è abile, ed è sinuoso, perché tutti lo vogliono, ma nessuno lo ha. E chi sfugge alle amicizie è insano? Dipende. Di solito vale questo principio: “Non si volta chi a stella è fisso”. Sì, ma la stella cambia di aspetto, forma, intensità, stile e tempo. Va bene, e cambieremo pure noi. L’esteta si è cancellato come esteta, ma resiste: è un Essere Furente – così mi piace – e non troppo dolce, se no muore, tuttocuòre, e non ne ha voglia. E poi si tiene informato [è un Essere Informato, appunto] e fa quello che può: ci mette anche la firma. E poi: le prese di posizione estetiche (che parola stupida) sono paraventi – è chiaro – o avete davvero pensato che qui la parola POESIA significasse sempre POESIA? No, non è mai stato così. Questi articoli si leggono su due – a volte tre – piani, come testi medievali. Ma non sono ambigui, e sapete perché? Perché i significati sono paralleli e contemporanei. E così non sarà bastardo l’esteta, se inventa situazioni o disimpegna rotture di palle. Inventare situazioni è anche un disimpegno, persino un po’ virile, diciamo. Questa è parte dell’arte, vino divino e santa semplicità. L’artista e il re del marketing sono astuti come serpenti, lo sapevate? È la premessa per dire una cosa pratica. Ho dato ferocemente licenza, per giorni 100 (in lettere: cento) a partire dal 24 febbraio, ad un Soggetto Creativo, l’entità praticante della lingua liquida e delle sensibilità nervine, l’androgino – autoproclamato – con i capelli “color pannocchia”, ecc. La cosa funziona così: o ti svegli e fai il capolavoro o ti adatti a farti da madre & padre – e così ti rigeneri, letteralmente, ma smetti di rompere l’anima a me. O fai il capolavoro o ti rigeneri, capisci? Si sa: in mancanza di protezioni economiche serve un maschio italiano, cioè un assistente contrario o un ufficiale pagatore; o la “stanza tutta per sé” di Virginia o lo scempio della dipendenza. È terribile che lo Spirito sia il mantenuto della Materia. Allora la Materia insulta lo Spirito, gli dà della donnetta sciapa, della stupida, ma non proprio a torto. Anch’io ti insulto, Spirito dolce: fattelo piacere, fattelo dispiacere, come vuoi, ma esci dal sonno. Sono duro con te? Certo: è colpa tua, Spirito sensibile, che dici: “Le donne non devono lavorare”. Certo, come no. Che lo Spirito se ne stia da solo, allora. Che impari a lavorare da solo, lo Spirito gentile. Io non lavorerò per leilùi, cioè l’androgino acquatico. E luilèi, lo Spirito, l’androgino, non avrà più in me un cavalier-servente, e neanche fervente. L’animale gaudente si libera nella sua camerata; si cava fuori dalla tirannia dei rapporti, con la speranza di aver fatto bene la sua parte, fino al punto giusto [ma: non oltre; sia chiaro: non oltre!]. Con le idee libere si torna alla cosa che si chiama Hammerklavier, e a mille altre, che sono mirabili e spaccano il cuore: una è il Contrapunctus XIX di Bach orchestrato da Luciano Berio. Questo ritorno libero si fa serenamente – si fa e si ha –, come chi dice: “Kadòsh, Kadòsh, Kadòsh Adon-i Zevaòth, ho mille problemi e più-ricordi-che-se-avessi-mille-anni, ma io, qui, non ho padroni”. Proprio così. È tutto fuoco, non roba da lavoratore della conoscenza. Senti come Berio chiude il Contrapunctus: come se non finisse, e stranamente. Appunto, è roba buona. E se va tutto bene, tra giorni 100 (in lettere: cento) c’è il capolavoro – altra roba buona – di una Donna Nuova, corpo vaginato come dice Valère Novarina, oppure un dilettante androgino in meno. Così si adempie giudiziosamente la profezia: “O vali, o vai fuori dai coglioni!”. Parlava un Maestro, Arturo Benedetti Michelangeli, e si legge nel libro di un Professore, Alessandro Carrera (fonte chiara di acqua dolce e ironica: I poeti sono impossibili. Come fare il poeta senza diventare insopportabile, Il Filo, Roma 2005, p. 43).
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