Trento, 28 gennaio 2014. – Aprire un documento nuovo. Fatto. Inserire il comando: prestazioni elevate. Fatto. Scrivere prima che la batteria si scarichi. Lo sto facendo. Ma rifiutare l’opzione “risparmio di energia”. È ovvio: lo schermo luminoso è molto meglio. Argomento, da trattare in 87 minuti, senza radio accesa, senza libri personali: in fondo, non sono a casa. Argomento. No, un minuto, poi lo dico. Ora “siedo e leggo un poeta” e questo fa molto Rilke, anzi è proprio Rilke, ma non ho un poeta da leggere, anche se sono seduto, e sono in biblioteca ed “è bello stare in mezzo agli uomini che leggono”, va bene, e ci sono anch’io. Ma ora non leggo, perché scrivo. Di che cosa scrivo? Argomento, argomento! No, ancora un minuto. Ho visto che nell’espositore dei giornali “Il Foglio” di Ferrara è lacero, ma “Il Sole-24 Ore” è intatto; però è “Il Sole-24 Ore” di oggi, non quello di domenica, con l’inserto culturale. Peccato, perché non l’ho letto. Certo, queste persone “sono nei libri”, come dice Rilke, appunto. Non solo nei libri: si vedono cellulari, computer portatili – anche il ragazzo etiope che mi ha chiesto informazioni in inglese – e bottiglie d’acqua, sempre da mezzo litro. Tutti sono seduti, anch’io, ma una ragazza con i cappeli neri è in piedi e sfoglia un quotidiano rilegato. Anch’io l’ho fatto: quando si sfoglia un vecchio quotidiano rilegato si sta in piedi, come se fosse meglio. È bello leggere del primo scudetto del Genoa, quando i giornali spiegavano: “Il foot-ball è il gioco della palla con i piedi”. Nel 1898 Elisabetta d’Austria, la Signora, passa per Sanremo, il giornale lo segnala e fa molto bene; e a settembre esce la notizia che non si vorrebbe leggere. Ecco, io dovevo aprire un documento nuovo e l’ho fatto, e inserire il comando “prestazioni elevate” – non è niente di corporale, ma suona bene – e poi scrivere, prima della fine della batteria. Ho eseguito tutto, puntualmente. Ho ancora 69 minuti per scrivere e non è un tempo enorme, ma nemmeno breve. Attenzione, la ragazza del quotidiano è sempre in piedi, coi jeans e la maglietta nera, e un’altra maglietta blu, sotto. Non l’ho spogliata, neanche con gli occhi; ma la maglietta blu esce sotto la nera e tutto è chiaro. Di che argomento devo parlare nei 68 minuti che restano? Un attimo, un attimo, perché ora la ragazza è di spalle e vedo che le ha larghe; e forse non è molto alta, ma non importa. A proposito: chi è mancino, qui? Non tutti scrivono, sono pochi con la penna in mano, ma i pochi scrivono con la destra; e – per fortuna – la ragazza si è girata, no, mi sbaglio, sta cambiando posto. Il 65° minuto inizia e con il tasto F5 posso aggiornare l’email, ma nessuno ha scritto, e apro la mente al “soffio di qualcosa che verrà”, ma è troppo, insomma non scrive nessuno, niente di niente. Per ora, dico. Perché poi scriveranno, è certo. E se aprissi Facebook, sono certo che troverei amici a chiacchierare, ma se ora apro Facebook non scrivo più, mi dedico solo a Facebook e io che ci faccio con Facebook, ora che devo scrivere un articolo? Sono sei giorni che non ne mando ed è grave. E devo rimediare. Devo ricominciare, anzi ho già cominciato; è vero che non ho ancora affrontato l’argomento, lo so, e anche questo è grave (è grave non averlo affrontato? Sì, ma la buccia delle cose è tanto bella, e anche le signorine con gli occhiali sono molto belle: una si chiama Miss Simpatia, da anni, e non scherzo). Ma è grave anche questo: sapere di sapere, perché sapere di sapere che l’argomento non è stato ancora trattato crea un po’ di dolore. Macché dolore, su. Per una pagina? Non è vero. Non c’è dolore, proprio nessun dolore. E la pagina si ferma qui e non ha parlato di niente. No, occhio, bambìn, due negazioni possono affermare. A dire il vero, la pagina ha trattato di qualcosa: chi vuole, ci vede una “variazione su nulla”, stile Ungaretti-Terra Promessa, e se ce la vedo io non glielo impedisco. In fondo, Ungaretti se l’è goduta parecchio, e ha sofferto in proporzione. Va bene, se uno ci vede la variazione su nulla. Ma c’è dell’altro: io, questo nulla, l’ho selezionato, l’ho ritagliato; insomma l’ho scritto. E l’ho messo qui, puro e semplice. Bene: se erano disposti a pagare come oro la “merda d’artista” di Piero Manzoni, ora anche queste 46 righe di word possono essere oro. Lo fossero, oro. Eia, riga 47, e spingo il tiro fino a questo PUNTO.
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