Monselice, 4 novembre 2020. -‘ Bartolomeis La festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate fu, storicamente, istituita il 4 novembre 1919 per ricordare un anno prima la Vittoria definitiva sul Piave, l’arrivo dei soldati a Vittorio Veneto, Trento, Trieste e l’armistizio firmato il 3 novembre a Villa Giusti, in via della Mandria, a Padova, con il famoso bollettino della Vittoria, pronunciato dall’allora Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Armando Diaz, di cui è universalmente noto il proclama del generale per radio, in quanto il governo italiano, con il Comando Supremo di Sua Maestà, Re d’Italia, Vittorio Emanuele III vollero così. Il 27 ottobre del 1921 un altro evento solenne incise il suo momento di Storia entrandoci con sacralità per sempre sull’intero territorio nazionale, quello che non abbandonerà mai il termine di suolo patrio, con la celebrazione a Roma della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, mediante sepoltura del Milite Ignoto all’Altare della Patria, al Vittoriano. Per 58 anni la ricorrenza del 4 novembre è stata una festività istituzionale, al pari di altre laiche e religiose. Una legge stupida e bieca che denota come i climi politici, in Italia, presero una piega completamente diversa prevalse sul rispetto di onorare un giorno di festività importante, solo perché un orientamento politico ben preciso, quello di sinistra, abrogò questa ricorrenza, con legge n. 54 del 5 marzo 1977. Le motivazioni dello scioglimento di ciò che venne giudicato retorico e confuso con l’appartenenza militare ad un’altra epoca, quella del regime fascista, trovarono origine nelle forti contestazioni giovanili nella seconda metà degli anni ’60 e nella prima metà degli anni ’70. Il movimento radicale e gruppi di sinistra e dell’estrema sinistra, compreso il famoso “cattolicesimo dissidente” attaccarono in generale tutto ciò che fosse militare, rappresentasse simboli, come persino la bandiera tricolore. Chiedevano ai governi deboli e compiacenti il riconoscimento del diritto ad essere dissidenti con obiezione di coscienza, per il gusto di attaccare le forze armate. Le contestazioni vennero portate avanti per anni con la distribuzione di volantini, puntualmente, quando si approssimava il giorno della ricorrenza, già a partire con la festività dei defunti, abolita pure questa, nel rispetto di onorare la giornata dei morti. Ricordo che era tutto un affiggere sui muri delle case, per le strade, sugli stessi monumenti che richiamavano un evento bellico, o della 1^ guerra mondiale, o della seconda, volantini polemici nei confronti dell’Istituzione militare. Fortunatamente, non di rado, molti contestatori venivano perseguiti per offesa all’onore ed al prestigio delle forze armate e per avere raggiunto lo scopo di istigare i militari di leva e qualche sottufficiale alla disobbedienza. Soltanto nel corso dei primi anni duemila, per impulso di un Capo dello Stato quale fu Carlo Azeglio Ciampi, si dovette attendere un’elevata autorità politica ed istituzionale quale un Presidente della Repubblica per far sì che tornasse a promuovere e valorizzare certi simboli storici, italiani, di amore per la Patria, per quella Patria che con tanto sangue versato in ben due guerre mondiali, ricordando che la prima fu vinta, questa festa è tornata a celebrazioni più ampie e diffuse, malgrado ancora non sia altresì ritornata ad essere una giornata festiva. Chissà che le spinte promotrici da parte di molti cittadini, intellettuali e politici riportino a ripristinare un giusto valore storico, di memoria e di rispetto. (nella foto il Sacrario Monumentale del Monte Grappa)
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