Trento, 21 marzo 2016. – Siete attori e attrici. A volte leggerete poesia, e questo va bene. Che cosa sapete di metrica italiana? Niente. Che cosa sapete di teoria musicale? Niente. Allora NON potete leggere poesia. Perché vi limitereste a leggere dei contenuti, come i piccoli professori della scuola, e sembrerete quelli che si masturbano con la mano sinistra. Cacciatori di contenuto e segaioli. Mai piú senza metrica e senza musica, capito? Mai piú. Prendiamo Leopardi. Sí, sempre Leopardi. Vi ho già avvertiti: Leopardi non ha scritto solo per esprimere i contenuti che trovate sul libro di scuola. Altrimenti avrebbe scritto una cinquantina di righe, avrebbe detto “la Natura è una merda, io faccio schifo, tutto fa schifo”, e poi basta. Invece no. Leopardi ha scelto una prosa cinquecentesca e i versi misurati. Ha voluto una contrazione severa: come qualsiasi scrittore. Qualsiasi scrittore degno del nome è CHI SI LIMITA [e qualsiasi artista]. Questo è chiaro? Grazie. [Mormorii, parole, piccoli sorrisi: gli allievi sono un po’ spaventati. Ma qui si fa la rivoluzione. Niente di grave, ma distruggiamo le ipotesi scolastiche]. Per capire come si legge una poesia, bisogna sapere una cosa dura. Eccola: in Italia i poeti del livello di Leopardi sono stati una decina in 800 anni. Non fate troppi nomi novecenteschi, perché sono solo due: Lorenzo Calogero e Amelia Rosselli; e forse la metà di Montale, come terzo. Ora dobbiamo ricordare che a scuola insegnano: Leopardi è ateo. Chiediamolo a Leopardi, e la risposta sarà una risposta estetica, da rubare per il vostro lavoro. “Signor Conte, siete ateo?”. Risposta: “Preferirei essere chiamato signor Giacomo”. Nuova domanda: “Signor Giacomo, voi siete ateo?”. Leopardi esita, timidamente. Poi risponde, e si accende di parola in parola: “Io ateo? Posta cosí, la domanda è volgare. L’idea che il mondo – o l’umanità – ha di Dio è questa: egli è unico, e quindi è solo; è onnipotente, e quindi è infinitamente creativo. Se devo pensare ad un essere unico, solo, onnipotente e creativo, io penso ad Omero e a Virgilio… a Shakespeare… anche a Dante, perché no? E penso al mio Tasso. Penso un po’ anche a me, a dire il vero. Ora voi mi vedete: io sono rovinato, un tronco che sente e pena. Ma sono un pezzo unico, nel mio tempo. Sono unico nella mia famiglia, perché il mio signor padre è una nullità; è un buon uomo e sincero, ma è un servo dei suoi concetti; quindi il mio signor padre è un ideologo; e non sa il greco e l’ebraico; e i miei fratelli non hanno genio, ma non mi spingo a dire che non hanno valore; dico che non hanno genio; quanto a me, io non ho colleghi viventi; e quindi mi chiedo: per chi scrivo? Ma è una domanda sbagliata: la poesia italiana è o un divertimento accademico – come le poesie del vostro Valerio Magrelli – o è un affare di alieni, come Cavalcanti, Tasso e me. Ma anche noi alieni abbiamo il nostro orgoglio: scriviamo per noi stessi e, senza volerlo, disonoriamo gli altri e li confondiamo; scriviamo per sopportare la nostra onnipotenza e la nostra solitudine, e a volte abbiamo qualche speranza di essere amati. Ma è una delusione, perché gli uomini leggono le idee, e non sentono la musica; oppure sentono la musica, ma non capiscono le idee; oppure sentono le idee e la musica, ma ci vedono solo come esseri umani, magari piú grandi, ma non molto piú grandi del signor sindaco e del signor prete. Io credo in me, ma il disgusto che provo è tale che la mia fede non mi basta. Non ne posso piú, capite? Vogliatemi bene e leggetemi bene. Io vado a prendere un gelato”. Può capitarvi di leggere un poeta accademico, cioè una nullità. Leggete a cazzo le sue poesie, e peggio le leggerete piú sarete amati. Leggendo male e senza stile riconoscerete che la pochezza è pochezza. Oppure dovrete leggere un alieno, come Leopardi. Quando leggerete un alieno, pensate PRIMA DI TUTTO alla musica e alla metrica; poi prendete le parole che ho messo in bocca a Leopardi, sopra. Bisogna dare la mediocrità ai mediocri, e solo a loro. Siate esecutori selettivi. Capite il basso livello e capite l’alto livello. A voi si addicono la violenza critica, la dialettica e la servitù onesta.
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