La magia del barocco ha trovato una nuova vita sul palcoscenico del Teatro Alighieri di Ravenna, dove l’opera “Giulio Cesare” di Haendel, diretta da Ottavio Dantone, ha riscosso un successo straordinario. Un weekend di applausi, una sala esaurita e una produzione che promette di incantare ulteriori città italiane.
Un Barocco che Viaggia nel Tempo e nello Spazio
Dopo il successo delle opere di Monteverdi e Purcell, e il “Tamerlano” di Vivaldi, Ravenna si conferma come una tappa imprescindibile per gli amanti del barocco. L’opera di Haendel, in particolare, ha dimostrato di possedere un fascino senza tempo, raccogliendo consensi non solo dal pubblico ravennate ma presto, si prevede, anche da quello di Modena, Piacenza, Reggio Emilia, Lucca e Bolzano grazie a una coproduzione allargata.
Una Scenografia che Sfida l’Immaginazione
Sotto la regia di Chiara Muti e le scenografie di Alessandro Camera, “Giulio Cesare” ha offerto uno spettacolo visivo di rara bellezza. Un palcoscenico dominato da un’enorme testa mozzata, forse quella di Pompeo, che attraverso un gioco di specchi duplicava le azioni, evocando un mare artificiale che ricordava le atmosfere felliniane. E non è mancata una maschera d’asino, in omaggio allo shakespeariano “Sogno di una notte di mezza estate”.
Brillantezza Musicale e Vocale
L’Accademia Bizantina, sotto la vivace guida di Ottavio Dantone, ha brillato particolarmente, con menzioni speciali per i musicisti Gregorio Carraro e Daniele Bolzonella. Sul fronte vocale, mentre il tenore Raffaele Pe ha trovato il suo ritmo nel corso della rappresentazione, è stata la soprano Marie Lys, nei panni di una Cleopatra scenicamente e vocalmente magnetica, a rubare la scena, specialmente nell’esecuzione dell’aria “Piangerò la sorte mia”.
Conclusioni di ViralNews
L’opera barocca, con le sue intricate melodie e la sua pomposa estetica, continua a trovare nuovi adepti e a riconfermarsi sulle scene internazionali. La produzione di “Giulio Cesare” a Ravenna ne è un esempio lampante: un incontro tra tradizione e innovazione che riesce a toccare il cuore e la mente di un pubblico sempre più vasto. Che sia questo il segreto della sua longevità scenica? Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza, ma una cosa è certa: il barocco non ha ancora detto la sua ultima parola.