Trento, 12 settembre 2013. – * Considerando il susseguirsi di sentenze di assoluzione o condanna per turbativa d’asta, non ancora giunto al termine, la conferma del dott. Leonesi nel CdA dell’Azienda pubblica Beato de Tschiderer di Trento per altri 5 anni da parte della Giunta provinciale, su designazione del presidente Pacher, pare assolutamente inopportuna. Nell’ottobre 2011 si leggeva su trentinocorrierealpi.it che Leonesi, entrato in Provincia negli anni ’70 sponsorizzato dalla sinistra democristiana, era velocemente cresciuto fino a diventare direttore di divisione grazie ad una legge costruita guardando le sue misure, per avere poi il trattamento economico di un dirigente generale della Provincia pur senza averne lo status. Quindi era arrivato un progetto speciale, si leggeva ancora, costruito ad hoc dallo stesso Dellai per ritagliargli lo spazio necessario a lavorare di diplomazia vatican-trentina senza avere eccessive responsabilità dirette: l’incarico era “all’attuazione del programma”, uno di quei progetti fumosi che Leonesi aveva inteso lavorando sul fronte dei rapporti e curando sempre le opere dell’Istituto de Tschiderer. Fino a quando gli è stato contestato dai pm di aver consegnato all’imprenditore Fabrizio Collini la bozza riservata del progetto tecnico per realizzare la nuova struttura per ospiti dell’Istituto de Tschiderer. Al di là di ciò, la vicenda dà l’opportunità di fare una nota d’ampio respiro sul tema dell’assistenza. Il piano di miglioramento della Provincia per il periodo 2013 – 2015 prevede, su proposta dell’assessore Ugo Rossi, che nel giro di 36 mesi il taglio dei finanziamenti provinciali verso le case di riposo raggiunga i 5 milioni di euro. Il che si tradurrà in un sicuro aumento delle tariffe a carico di ospiti e familiari e nel rischio di un calo di qualità dei servizi erogati, che già ora cominciano a dare segni di decadimento. Le APSP, aziende provinciali di servizi alla persona, sono in Trentino 42 (a cui si aggiungono quelle gestite da SPES). Negli ultimi dieci anni sono passate da case di riposo comunali a residenze sanitarie assistite e da queste ad aziende pubbliche di servizi alla persona. Non si capisce però come mai la gestione non sia cambiata, in questa trasformazione tanti organismi come i presidenti e i CdA non avrebbero più scopo di esistere: 42 presidenti quasi tutti stipendiati, ed una parte di essi riceve più di 2000 euro mensili; i componenti dei CdA, che ricevono il loro gettone presenza ad ogni riunione, e sono circa 200 consiglieri. Altra questione quella dei direttori, servono davvero tutti ? Come è possibile che serva un direttore sia in una APSP con 33 posti letto che in una APSP con 358 posti letto? Delle due, l’una: o è disumano far gestire ad un solo direttore una APSP con 358 posti letto, oppure il direttore dell’APSP con 33 posti letto è inutile. Paradossalmente, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari con circa 7000 dipendenti, contro un totale di circa 4000 dipendenti di tutte le APSP, ha un direttore generale e non ha un presidente, mentre abbiamo APSP di 33 posti letto con un Direttore, un Presidente ed un CdA. Però si risparmia sui guanti, sui pannoloni, sui pasti ecc. e si taglia sulle ore di assistenza, sul personale, caricando gli operatori nell’assistenza di degenti sempre più gravi, visto che lì costano meno (costi per la PAT: 73 € al giorno in APSP contro 200 € al giorno in RSA ospedaliera). Di fatto, oggi le case di riposo non si possono più definire solo tali: sono delle piccole cliniche dove soggiornano pazienti sempre più gravi; non solo anziani, ma anche giovani reduci da gravi traumi cranici o persone di mezza età con gravi malattie degenerative. Un problema viene segnalato ad esempio soprattutto per la notte: in una casa di riposo dove ci sono due pazienti gravi per ognuno dei quattro piani, di notte operano in tre, due assistenti e un infermiere. In un’altra, la notte ci sono due Oss sui due piani e l’infermiere interviene solo a chiamata. Perché, ci chiediamo, non risparmiare invece attraverso una gestione unificata dei servizi amministrativi e gestionali, per terrritorio? Trento, ad esempio, ha un solo direttore e pochi amministrativi per gestire cinque strutture: solo la struttura di San Bartolomeo è grande come tre Rsa di medie dimensioni in zone con meno densità. Si dovrebbe inoltre garantire maggiore trasparenza nei numeri e ricalcolare i paramentri per l’assegnazione di personale in base al carico di utenti e della loro effettiva gravità. Si potrebbe anche ragionare sulle rette che gli ospiti devono pagare, al momento sono uguali per tutti, indipendentemente dal reddito: il calcolo della contribuzione degli ospiti potrebbe essere fatto sulla base del reddito. Sarebbe il caso,infine, di operare una revisione delle strutture in funzione di un risparmio sui costi per l’energia. Risparmiare risorse non significa solo tagliare, diminuire la qualità del servizio e gravare sulle famiglie, ma operare una gestione oculata delle risorse. Il Movimento 5 Stelle denuncia come sia vergognoso che si stia intaccando anche il sociale e ritiene impensabile che nel bilancio della Provincia non sia possibile trovare le risorse per garantire il diritto fondamentale delle persone più deboli e indifese della nostra società.” * candidata M5S alle elezioni provinciali del 27 ottobre 2013
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