Trento, 11 ottobre 2014. – lettera firmata Pubblichiamo la lettera di una minorenne (letta dalla madre) ha letto nel corso del convegno “”Minori: migliorare si può? Assistenza minorile tra protezione e accoglienza””, svoltosi ieri a Trento, nella Sala di Rappresentanza del Consiglio Regionale. Per ovvie ragioni e di nostra iniziativa non ne pubblichiamo il nome. “Sono una ragazza di quattordici anni. Scrivo questa lettera sperando che venga pubblicata per informare la gente di quanto funzioni male un servizio che ha come scopo la mediazione e il far star meglio le persone, prendendo come esempio la mia storia. Questo servizio è quello degli assistenti sociali. Purtroppo ho provato sulla mia pelle e su quella della mia famiglia la cattiveria e l’insensibilità che certe operatrici, ovvero le assistenti sociali ci mettono con impegno per rovinare la vita altrui. Prima ho detto che lo scopo che avrebbero come obbiettivo queste “dottoresse” (come si fanno chiamare, anche se sono fermamente convinta che i veri dottori dovrebbero far star meglio le persone e non peggio) è quello di aiutare le persone nel risolvere i loro problemi o meglio indurle nel trovare una soluzione; la mia storia è stata tutto l’esatto contrario di queste ultime due righe. Purtroppo ho avuto un’esperienza anni luce lontana dalla positività, infatti la mia ex assistente sociale ha provocato molti contrasti tra i miei genitori e quindi nella mia famiglia fino a provocarne la completa rottura. È cominciato tutto molto tempo prima dell’attuale 2014, ovvero nel lontano 2009 quando i miei genitori hanno cominciato una separazione che da li a poco si è rivelata non finire più. La mia ex assistente sociale avrebbe dovuto avere il compito di aiutare me e mia sorella più piccola di dieci anni a vivere meglio; anche se evidentemente il suo scopo sembrava più quello di dividere madre e figlie. Questa dottoressa (se così si può chiamare, dato che sono fermamente convinta che i dottori le curano le persone e non le fanno star peggio), in quelle poche volte che ci vedeva (una o due volte all’anno forse è capitato tre) oltre a riuscire a farsi odiare, pensava di poter capire tutta la mia vita e di conoscermi fin dalla nascita, e non capiva (o almeno così le conveniva far sembrare) che per me non era altro che una “strega” (come la chiamavo) che aveva il costante desiderio di confondermi e di rovinarmi. Infatti come tutti i miei parenti da parte paterna non faceva altro che ripetermi che mia madre era pazza, che con lei non stavo bene e altre mille frottole che descrivevano come degli orchi mia madre e i miei nonni materni a cui sono sempre stata legata fin dalla nascita. Oltre a queste cose che sotto il mio punto di vista sono gravissime mi proibiva di vedere mia madre e i miei nonni più di sei ore la settimana con un’educatrice (che ero arrivata a chiamare “cagnolino” perché mi seguiva in tutto) che aveva il compito di sorvegliare il nostro comportamento con mia madre (considerata pericolosa). Prima di questa educatrice ero accompagnata da dodici domiciliari diverse che si turnavano, a volte capitava una nuova operatrice di cui non conoscevamo neanche il nome, ci prendeva con un pulmino e ci portava a fare le visite. Inoltre mi obbligava a fare attività fuori dall’orario scolastico come pallavolo, pomeriggi insieme, campeggi ecc. Mentre ero affidata ai servizi è stata avviata una CTU (consulenza tecnica d’ufficio), con una psicologa nominata che guarda a caso apparteneva alla stessa associazione dell’avvocato di mio padre di cui una era stata presidente e l’altra vicepresidente. Infatti ogni volta che mi recavo da questa psicologa (ora non ricordo con che precisa frequenza) io dicevo delle cose come ad esempio esprimevo il desiderio di passare più tempo con mia madre e lei appena entravano i miei genitori diceva tutto il contrario facendomi passare per falsa. Ho frequentato altri psicologi sotto comando sempre dell’assistente sociale: all’inizio una donna con cui ho subito avuto disguidi in quanto non capiva e non sembrava neanche volerlo fare, infatti dopo alcuni mesi ho smesso di frequentare il suo studio; poi è toccato ad un uomo che sembrava tutt’altro che qualificato, tant’è che durante le sedute (ogni 15 giorni) lui si faceva gli affari suoi ed io i miei. Le cose sono ben cambiate quando di punto in bianco un sette dicembre di due anni fa ho deciso di fermarmi alla fine di un incontro con mia madre oltre all’orario previsto. Io oltre ad essermi studiata la convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo dove l’Art.3 dice chiaramente che le istituzioni devono tener conto che l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente, mi ero anche informata del fatto che con la forza nessuna persona e nessun ufficiale potevano portarmi via. Dopo aver fatto questa mia azione, superato il momento in cui venivo accusata da parte dell’educatrice che mi minacciava di non rivedere più nessuno, è toccato alle insistenti telefonate dell’assistente sociale che mi chiedeva di rientrare a casa di mio padre altrimenti avrebbe preso provvedimenti. Stufa delle sue continue minacce ho deciso di registrarla di nascosto con l’MP3 davanti a due agenti mentre lei mi diceva che ero un bandito, che stavo andando contro la legge e che se non rientravo a casa con il papà lei mi avrebbe messo in una casa famiglia che era l’alternativa al carcere minorile, durante la telefonata continuava ad insistere che lei sapeva che quello era il bene per me. Il bello di tutto questo è che lei pur non essendo a conoscenza che la stavo registrando di nascosto sapeva che insieme a me c’erano due agenti. In seguito, l’avvocato di mio padre ha presentato una denuncia nei confronti di mia madre per sottrazione di minore, così da essere costretta dall’assistente sociale a portarmi con la forza da mio padre, il risultato: mia nonna mi ha chiusa in casa (sono riuscita fortunatamente a scappare). Dopo questo fatto che mi ha portata dalla disperazione a non dormire più ed a scappare da scuola finalmente è partita la denuncia e soprattutto finalmente avevamo delle prove che non fossero testimonianze orali a cui per la gravità nessuno credeva.Nel frattempo l’ex assistente sociale aveva bloccato le visite con mia sorella, e sono stata prima un mese senza vedere mia sorella (la prima volta l’ho rivista tre ore a pattinare con mio padre che stentava a farmici parlare insieme), e poi dopo un bel po’ in cui la sentivo solo ogni tanto la sera al telefono, l’ho potuta rivedere ogni settimana per due volte con un totale di due ore ovviamente sotto la sorveglianza dell’educatrice. Intanto l’avvocato di mio padre aveva inoltrato la domanda al tribunale, chiedendo che io venissi inserita in un istituto psichiatrico fuori provincia perché ero pericolosa dopo essere stata a lungo a contatto con mia madre e dovevo assolutamente essere curata; so che mio padre non avrebbe mai voluto e fatto una cosa del genere e che è stato sicuramente influenzato dal suo legale che purtroppo ha avuto sempre molta ma molta influenza sulle sue scelte. Dopo che mi sono fatta giustizia stando da mia madre il mio psicologo, sempre meno interessato a me ma sempre più interessato a controllare le notifiche di facebook durante le sedute, ha ammesso ancora una volta che condivideva la mia idea sul fatto che io nel suo studio non ci andavo a fare niente, che lui sapeva che non mi era d’aiuto e se ne sarebbe stato volentieri a casa; questa è stata la volta buona perché anche lui si togliesse di mezzo. Prima che succedesse tutto avevo perfino scritto una lettera al giudice chiedendo spiegazioni, e soprattutto sollecitando il desiderio di vedere più tempo mia madre, non avendo ottenuto risposta ho agito di conseguenza, la risposta della lettera si è fatta aspettare, infatti dopo sette mesi e mezzo è stata finalmente fissata un’udienza in cui il giudice aveva accettato come previsto dalla legge di ascoltarmi ed ha decretato che potevo stare da mia madre. Ora ero riuscita ad avere un pezzo di carta in cui c’era scritto che potevo legalmente vivere da mia madre (o ameno fino alla prossima udienza). Successivamente dopo cinque mesi senza i servizi sociali, abbiamo ricevuto la risposta che un nuovo distretto sociale ci aveva accolto. Inutile dire che le cose sono migliorate e che addirittura dopo nove dieci mesi ho riallacciato completamente i rapporti con mio padre (anche grazie all’insistente aiuto di mia madre). Ora non siamo più seguiti da nessuno perché le cose sono migliorate tanto da essere autonomi in qualsiasi tipo di scelta e finalmente senza vincoli. Pensando al mio vissuto dico che questi operatori hanno fin troppo potere e che dovrebbero avere meno incidenza su decisioni importanti che riguardano la vita di bambini, adulti e anziani. Mia nonna materna a causa di questi problemi ha subito tre ictus, non voglio far carico di colpe a nessuno ma da quanto dicono i medici sono state causate anche dalla situazione famigliare. E come dice un bellissimo film (La siciliana ribelle): “All’inizio volevo vendetta, ora chiedo giustizia perché ho capito che non sono la stessa cosa” infatti ora vorrei solo che la gente si sensibilizzasse al problema, e le persone che devono pagare lo stanno già facendo o lo faranno. Voglio in anticipo ringraziare dell’attenzione che mi è stata dedicata e spero che questa lettera aiuti molte persone a capire e a far riflettere su quello che accade proprio sul nostro territorio senza che ce ne accorgiamo.”
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