Trento, 5 dicembre 2013. – Nell’edizione critica della Vulgata, il versetto 1, 4 del Cantico dei Cantici è «Nigra sum sed formonsa», ma esiste una variante: «Nigra sum et formonsa». Io sono nera, ma bella – secondo il testo critico. Io sono nera e bella – secondo la variante. È un problema. Nel sonetto 127 Shakespeare dice che «in the old age» il nero non era considerato «fair». Appunto, «ai vecchi tempi», e la Ragazza Intensa dell’Old Age è proprio nera: «nolite considerare quod fusca sim quia decoloravit me sol», se sono scura non ci fate caso, perché sono abbronzata. E adesso? È nera «e» bella oppure è nera «ma» bella? È bella «perché» o è bella «nonostante»? «Tu sei bella come sei», ha cantato Mal: va bene, ma oggi sei abbronzata e ieri no, quindi come sei? E poi l’abbronzatura non è permanente: un giorno – dice un’altra canzone – «il viso tuo nerissimo tornerà di nuovo pallido», e quindi come sarai? Il problema filologico è risolto: per l’edizione critica c’è un MA, non una E. Nera ma bella funziona, nel testo critico. Peggio per chi ama l’abbronzatura. Però il problema del senso – in tutti i sensi del senso, anche erotico – rimane, e uno sceglie come preferisce. Se la Ragazza Intensa dell’Old Age è «nera ma bella», il suo status è ambiguo: è una bellezza inusuale (sonorizzazione: aaah!), ed ecco che rinasce il mistero tremendo (sonorizzazione: uuuuuh!). Nel versetto 6,9 l’Intensa è rivelata così: «pulchra ut luna electa ut sol terribilis ut acies ordinata», bella come la luna, eccellente (oppure: sceltissima, e anche altro) come il sole, terribile come un esercito schierato. Ora il MA potrebbe essere virtuale o sottinteso: bella come la luna, ma terribile come un esercito. Oppure è un MA da non pensare, in nessun modo, e tra gli aggettivi coordinati c’è solo una specie di E mentale: bella e sceltissima e terribile. Invece il testo non ha niente per triangolare gli aggettivi in qualche modo, né «e» né «ma»: solo aggettivi, che si impongono, senza relazione di E e di MA. Va bene. E anche qui si fa un po’ come si vuole: chi legge, «elegge» – eligere vuol dire scegliere e strappare – e si fa una «prima scelta», per averne una seconda (e una terza) a portata di mano; il fatto è che non c’è una scelta chiara, per cui le scelte sono contemporanee. Così su E e MA – e anche sulla loro assenza – si decide la vita, anche sul piano dell’equilibrio mentale. Il versetto 6,9 è potente per ricordarlo: ci sono le cose (i caratteri, i personaggi, le azioni), molte, e sono contemporanee, spettacolari, violentissime; sono dure da coordinare e non si coordineranno mai. Impariamo che in cielo e in terra e in ogni luogo – sole luna esercito, alto e basso – c’è l’Intensa. È ovunque e si impara ad essere come lei, cioè a praticare una strana ambiguità, in cui tutto è detto – netto – fin dall’inizio. Hai sempre dato una possibilità e l’altra: un vincolo e la lama per tagliarlo. Molto preciso, appunto: ma controlla i valori di «praecido» (sonorizzazione: aaaaahi!), in latino. Ti chiameranno mostro e farai paura come la Ragazza Intensa dell’Old Age, «terribilis ut acies ordinata»; farai anche rabbia, perché E e MA non coincidono, e tu li tieni insieme. Li hai fatti coesistere, uno nel testo e uno in apparato, perché ogni statuto deve avere una via d’uscita, del tutto visibile, a tutti. Solo la voce privata non è trattabile, quindi è gelosamente intrattabile; ma quella è roba tua, e te la gestisci da solo, senza E e senza MA. È roba da autori, in fondo. Ed E e MA ci sono – solo – per gli altri, ecco la verità. Questa nota delirante fa a meno del confronto con l’ebraico. È ancora un testo in chiaro e in chiave, scritto sui nodi della biologia (non biografia) privata: asocialità, desiderio, mortalità da evitare, cervello in fuga, disamore per il cibo mentale – quindi nessun Convivio, tanto non ci ha creduto neanche Dante, alla fine – e animalità anomala. Sopra no, ma sotto la cintola sono centauri, dice Re Lear. È la beatitudine in cui ricade il solito Tonio Kröger, sempre lui: anche lui era moro e bello come l’Intensa (e bravo), moro ma bello (ma bravo; oppure: e bravo). Se c’è un autore, agisce e si fa le sue leggi grossolane, di volta in volta. Variante: è un autore, MA si fa le sue leggi grossolane, di volta in volta. Prima di ogni isolamento nel Laboratorio Vitale – quando sante Sfere e Palle della prosa non reggono – la legge incongrua si impone: è ancora indelicata, come sempre. È una scelta così, «nera ma/e bella».
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