Monselice, 8 luglio 2020. -‘ Bartolomeis Le forze di occupazione italiane in Francia durarono dal 10 giugno 1940 fino all’8 settembre 1943 e si attestarono nella parte meridionale che prendeva il nome di Zona Libera sotto il governo di Vichy, collaborazionista con le forze armate germaniche. Non è vero che l’armistizio annunciato alle 19.42 da Pietro Badoglio alla radio, da Roma, in quel fatidico 8 settembre del 1943 trovò impreparati i soldati italiani. L’intuito che gli eventi precipitassero in un’ulteriore catastrofe non solo per loro, ma per un’intera popolazione, era visibile già dal notevole afflusso nel mese di agosto di reparti militari tedeschi in Italia e nelle zone di occupazione, sempre da parte italiana. A Nizza un giovane sottotenente di complemento di fanteria, Salvatore Bono, siciliano, classe 1920, si trovava nell’incarico di sotto comandante del “gruppo scorta tradotte e vigilanza dei treni”, presso lo scalo ferroviario di Nizza, insieme alla guarnigione, comandata dal capitano Carlo Breveglieri, un reparto di fanteria della IV Armata che era sopraggiunto nel Sud della Francia, nel 1942. I tedeschi stavano arrivando dovunque: diciamo che dilagavano con l’intenzione di sopraffare tutti i militari italiani che si trovavano nelle zone di occupazione che l’Italia aveva come assegnazione e controllo. La sua giurisdizione delle zone era irrimediabilmente perduta. I conflitti con i tedeschi avvennero dappertutto e furono sanguinosi. Difatti, a Nizza lo scontro fu ferocissimo. I militari italiani morirono quasi tutti. I pochi che resistettero ad un’immediata carneficina furono il sottotenente De Bono, ferito gravemente, ma che si oppose con stoica decisione, incurante della sua incolumità, al punto che, ricoverato in un ospedale perché resosi cieco ed avendo perduto il braccio destro, gli stessi nazisti riconobbero in questa persona ammirazione e grande senso dell’onore militare. Tuttavia la Gestapo non si affrettò poco per andarlo ad arrestare, in quanto proprio il suo onore militare non gli precluse di uccidere un capitano della wermacht e diversi soldati. Dall’ospedale dove era ricoverato fuggì, come fuggì anche dal Consolato italiano di Nizza nel 1944 e riuscì a rientrare in Italia, raggiungendo Milano e consegnandosi al regio esercito che lo mise a disposizione. Partecipò come combattente volontario per la libertà con la brigata partigiana “Stefanoni”, nel 1945, ma solo per alcuni giorni, poiché le sue condizioni presentavano gravi mutilazioni. Finita l’intera tragedia di guerra tornò in Sicilia, ma non volle perdersi d’animo perché fu richiamato a Roma nel mese di giugno 1945 presso il Centro Mutilati Grandi Invalidi San Carlo dove gli venne proposto di transitare in servizio presso il Consolato Militare a Marsiglia. Lui, però, si fece trasferire al Consolato di Nizza e ci restò per trent’anni, fino al raggiungimento della pensione. Un piccolo particolare però nella vicenda di questo ex militare italiano che poi si dedicò alla passione dell’arte fino alla sua morte, avvenuta a 79 anni, il 28 maggio 1999, nella sua terra natia, a Campobello di Mazara, fu, a sua insaputa e quindi piacevole sorpresa, il riconoscimento da parte dello Stato italiano del conferimento della medaglia d’oro al valore militare, nel 1947, in quel Consolato italiano dove si era fatto trasferire e che, nei mesi terribili, dopo essere stato ferito dai tedeschi, vi trovò rifugio provvisorio, come clandestino. (Foto tratta dal libro “Salvatore Bono, medaglia d’oro al Valor Militare, Illustre cittadino campobellese”, a cura di B. Ingassia, 2005, Litografia Damiano Buffa, Mazara del Vallo)
]]>