Trento, 24 giugno 2014. – Il cavaliere antico amava la sua Musa. Poi nel mio intimo è venuta a visitarmi la Morte. La vita al suo culmine estremo, cioè la morte, come la morte dell’imperatore e del suo cane. Le voci del mondo irrompono nello studiolo e tu non le aspetti (sì: il mio cane, il mio cane). Le faccende di casa e gli istinti emergono. E bisogna creare con Gioia, certo; poi la Morte ci fa tacere, no? Ma quando leggiamo i libri vediamo che i Morti sono vivi. Chi è illustre, tra voi? Chi ha visto da vicino un Attore. Chi ha visto da vicino un Attore? L’io non è un Attore: è un attore, uno fra mille, come chi è piccolino. L’attore minuscolo non recita la commedia. Il personaggio vivente è tragico e non sa dove vanno le parole della sua memoria, no? Ma il palcoscenico è la storia e continua ad esserci; e io so intenerirmi. E come si racconta la vita di un Campione autore d’«opera»? Con la sua stessa vita di Campione autore d’«opera»? Sì. E io? Chi sono io per scrivere una parola di destino (e poi vantarmene)? Non sono fatto per esternare, questo lo so: perché penso di avere della dignità. Ma ora sentite: il mio status, chi me lo riconosce? E alla fine: è proprio necessario che si nomini il mio status? Davvero, attori: è necessario? Coloratelo voi.
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