Dal 2017, il salvataggio di Banca Monte dei Paschi di Siena (Mps) ha pesato sulle tasche dei contribuenti con una cifra che supera i 4 miliardi di euro. Nonostante gli sforzi e le strategie, lo Stato continua a registrare un passivo considerevole.
Un salvataggio da capogiro: cifre e date chiave
Nell’agosto 2017, lo Stato italiano ha dovuto aprire il portafoglio, versando ben 5,4 miliardi di euro per salvare l’antica istituzione bancaria di Siena. Di questi, 3,9 miliardi sono stati destinati all’aumento di capitale della banca, mentre 1,5 miliardi sono stati utilizzati per compensare gli investitori al dettaglio coinvolti nel cosiddetto “burden sharing”. Questa mossa ha trasformato il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) nel proprietario del 68% di Mps.
Operazione ‘Hydra’ e i tentativi di risanamento
La situazione di Mps si è complicata ulteriormente con l’operazione ‘Hydra’, che ha visto la cessione di 8 miliardi di euro di crediti deteriorati ad Amco (un’altra società del Mef), avvenuta a valore di mercato. Il 2021 ha portato nuove sfide, con il fallimento delle trattative per una possibile fusione con Unicredit, spingendo ancora una volta il governo a intervenire. A dicembre dello stesso anno, è stato necessario un nuovo aumento di capitale di 2,5 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi sostenuti dallo Stato.
La vendita delle quote e i primi segnali di recupero
Tra il 2023 e il 2024, lo Stato ha iniziato a ridurre la sua partecipazione in Mps, arrivando a detenere solo l’11,2% del capitale. Questa discesa graduale ha permesso di incassare un totale di 2,7 miliardi di euro. Un barlume di speranza si è acceso a maggio, quando Mps ha distribuito dividendi per la prima volta dopo 13 anni, con il Tesoro che ha incassato 88,9 milioni di euro.
Conclusioni di ViralNews
La saga finanziaria di Mps sembra un romanzo di Dickens, pieno di speranze, disastri e, forse, di una lenta redenzione. Con oltre 4 miliardi di euro spesi, i contribuenti potrebbero giustamente chiedersi se il prezzo del salvataggio sia stato troppo alto. Tuttavia, i recenti segnali di recupero potrebbero aprire la strada a un futuro più stabile per la banca più antica del mondo. Resta da vedere se questa storia avrà un lieto fine o se continuerà a essere un peso per le finanze pubbliche italiane. Mentre osserviamo gli sviluppi futuri, una riflessione sorge spontanea: fino a che punto lo Stato dovrebbe intervenire per salvare entità private? E quale deve essere il prezzo di tale intervento?