Edoardo Leo rivisita Otello in chiave moderna e criminale, ambientando la tragedia shakespeariana tra Nettuno e Anzio. Un mix audace di dialoghi in dialetto e tematiche universali.
Un Otello del Terzo Millennio
Nel corso degli anni, abbiamo visto Otello in molteplici vesti: dall’ufficiale militare al direttore d’orchestra. Ma il 14 novembre, grazie a Vision Distribution, il Moro di Venezia si trasforma in un criminale di Anzio nel film “Non sono quello che sono“, diretto e interpretato da Edoardo Leo, che si cala nei panni di un astuto e vendicativo Iago.
Ambientato nel 2001, il film si svolge in un contesto di criminalità organizzata dedicata allo spaccio di droga, con al centro della scena Otello, interpretato da Jawad Moraqib, soprannominato il ‘negro’. Otello si trova a fronteggiare le macchinazioni di Iago, il quale, frustrato per non aver ricevuto una promozione, decide di trascinare il boss in una spirale di gelosia e paranoia.
Tra Classico e Contemporaneo: Il Linguaggio di Shakespeare in Dialecto Romano
Uno degli aspetti più intriganti di questa produzione è l’uso del dialetto romano per i dialoghi shakespeariani. Leo spiega che pur mantenendo la potenza del testo originale, ha optato per una lingua più vicina al pubblico contemporaneo, togliendo ogni “aura romantica” alla storia. Questo approccio non solo rende il film immediatamente più accessibile, ma aggiunge anche un livello di crudezza e realismo alle interazioni tra i personaggi.
Un Cast di Carattere
Oltre a Leo e Moraqib, il film vanta la presenza di Matteo Olivetti nel ruolo di Michele, il giovane favorito che diventa l’involontario catalizzatore della tragedia. Antonia Truppo è Emilia, moglie di Iago e inconsapevole partecipante ai suoi piani, mentre Ambrosia Cardarelli interpreta la tragica figura di Desdemona, il cui destino è irrimediabilmente legato alle azioni degli uomini che la circondano.
Conclusione di ViralNews
Edoardo Leo con “Non sono quello che sono” fa una scommessa audace: trasportare Otello nell’oscuro mondo del crimine italiano, utilizzando il dialetto romano e ambientazioni moderne. È una dimostrazione che le opere di Shakespeare hanno ancora molto da dire, anche in contesti completamente rinnovati. Ci invita a riflettere su quanto le passioni umane, le ambizioni e i conflitti siano universali e senza tempo, capaci di adattarsi e di trovare nuova espressione in ogni epoca. Un film che è sicuramente un esperimento, ma anche una testimonianza della continua rilevanza del Bardo nel cinema moderno.