Trento, 19 febbraio 2015. – Io sono all’interno dell’insieme, perché sono quello che vuole tutto & subito. C’è questo desiderio e voglio organizzare il dopo, punto per punto; le voci dei personaggi sono in mente, tutte; in cuore si liberano bene, vogliono parlare, vogliono essere recitati: io colgo l’occasione; volete parlare, belli? E allora venite da me, no? Bisogna lavorare molto per moltiplicarsi bene; e poi piove o nevica bene e doucement sur la ville. Credo nel contatto complicato: è una specie di sesso, ora è chiaro. È una penetrazione innumerevole, una cosa speciale e non dolorosa, mai. Detto così suona bene, sembra un gioco. Invece no: c’è una rabbia di cane, uno sconforto di bestia morale; e per questo il crash, qualche volta.Biglietto all’editore, la mattina dell’undici febbraio (realmente): Ora ti lascio, sai? / Io non sarò più un redattore / Non è una cosa singolare / E io voglio solo quella (quanta bella pace). Napoleone chiama il medico: dopo il bagno è veramente il re nudo, vuole sapere se è come una donna. Ecco, dottore, guardi: ho un bel petto, e che gambe, non ho un pelo, dottore, mi vede, dottore, mi vede? Napoleone vuole sapere che è bello, come una donna. Io devo osservare la sua delicatezza, da lontano, punto per punto. La sua delicatezza è uno strano esempio. Il re voleva essere una dama, non il corpo ideale, come in Canova. Io so perché.Olivia e Lorenzo sono nella cantina. La regìa di Bertolucci mostra tutti i particolari: se si esce di casa, si cammina per strada; se si va all’ospedale, si deve vedere l’autobus; se si sale in casa, il dovere impone di filmare la scala. C’è troppa spiegazione; la spiegazione crea troppa simmetria di fatti; ma io vorrei una simmetria di cose da vedere (e quindi l’estetica di Greenaway? Sì, ma senza esagerare). Con tutti i nervi (in tensione) aspetto di fare il primo film.Ascolto Brad Mehldau. Ascolto Matthew Shipp. E slurp. Il jazz, sì. Non tutto il jazz, ma un certo jazz (voi capite). E: Barthes è un fuoco sottile. Barthes scrive bene, sempre, Barthes è molto delicato, ogni volta. Ma nella periferia uno non capisce, e non deve capire per forza; e dalla periferia – che si chiama banlieue – si arriva all’Isis, non a Barthes; ed è inutile la giustificazione, non si addomestica chi sta male, la cultura parla alla cultura, il resto parla al resto. Ma il resto è tutto, e perché il tutto dovrebbe sottomettersi alla cultura? Barthes è cultura e Godard è cultura. Tutto quello che per me è stato grande – esclusa certa musica, una musica CERTA – ha questo limite: essere cultura, essere una cosa minore, che non sa più di esserlo. Così torno alla piccola rivelazione (no: rivoluzione) privata da cui sono partito: sono all’interno di un insieme, ma per sconvolgerlo. Mica male, dice l’anima selvatica, la bambolina interna: quella che fa argh argh e ah ah, di volta in volta, e a volte fa sigh, di nascosto.
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