Trento, 12 marzo 2015. – Fatto. Già fatto? Così disse lo storico, quando fu punto. E gli attori? Ah, gli attori. Gli attori sono molti pezzi, su questa tavola, dove ci sono pesci grossi, pesci piccoli, pesci vivi, produttori e autori: questo è normale, come in ogni ambiente. Io lavoro sempre, e moltiplico l’idea della sopravvivenza nell’idea delle [molte] opere [e varie, e variopinte]. Sono tornato ad Arturo Onofri, Nuovo rinascimento come arte dell’io. Ho letto: “Non soltanto la parola in quanto mezzo di descrizione, di resoconto, di strumento didattico-espositivo, e tanto meno di sfogo psicologico personale, ma la parola in quanto iniziatrice ai misteri, in quanto strumento d’auto-iniziazione ai mondi superiori. Questo è l’interno metodo del poeta. La parola come azione per giungere alle verità soprannaturali: ecco il culto della nuova poesia, e ad esso deve mirare coscientemente colui che vuol assumere il nuovo grande compito della poesia. Egli potrà realizzare il metodo, in proporzione di quanto la parola gli sarà strumento per unire la sua propria coscienza d’uomo al Verbo creatore operante al mondo, cioè al Cristo di S. Giovanni”.È meglio Chopin, ora, con le mani di Blechacz: perché non mi chiede di pensarlo, né di pensare.Se potesse, Chopin – per mano di Blechacz – mi chiederebbe di pesarmi, che significa MISURARE.L’ho fatto: ho misurato, ho pesato (e ho preso i miei appunti). Durante la pesa, Onofri mi ha detto così: o sei il fanciullino storico di Pascoli o sei l’esteta vibrante, come d’Annunzio. Sì, ma ci sono due fatti. Il primo è che il mondo è il mondo, oltre l’Italia, e le risposte italiane non sono soluzioni, ma grida [in Italia si fa rumore: rumore di pianto, e onore, e rumore di voci]. L’altro fatto è questo: uno può scrivere anche commedie (o una – decisiva – Commedia? Certo). Il diario è una caccia comica. La scelta è sua, di lui, il diarista e il cronista: è una scelta feroce e complessa, come sempre e da sempre. Dopo che ha scelto, il cronista del diario impone la sua forma all’esterno: “Siete liberi di fare quello che voglio io”, come disse un allenatore [e così parlarono ANCHE il master, il regista, la machina senza il deus; e la machina era il deus, cioè l’apparato ha una sua grazia vivace, sempre; e con la grazia un po’ di autorità].
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