Il libro “I fascisti invecchiano”, recentemente ripubblicato da Elliot, ci porta un Vitaliano Brancati in veste di chirurgo della società e del regime mussoliniano, armato di uno scalpello satirico e una risata che è tutt’altro che leggera.
Il Fascismo sotto la Lente d’Ingrandimento di Brancati
Pubblicato originariamente nel 1946 da Longanesi, “I fascisti invecchiano” non è solo un’opera letteraria, ma un documento storico che, con linguaggio provocatorio e beffardo, disseziona la retorica vuota del regime di Mussolini e l’antifascismo che ne seguì. Attraverso otto scritti che oscillano tra saggio e narrativa, Brancati esplora il culto della virilità, le simbologie del potere come le teste rasate e le camicie nere, e le grandi dichiarazioni destinate a impressionare le folle.
Un Popolo e le Sue Debolezze
Il libro non risparmia critica dura e pungente verso la società italiana del Ventennio fascista, descrivendo un popolo intrappolato tra le proprie debolezze, vigliaccherie e fragilità. Questi temi, benché radicati nel passato, trovano un’eco sorprendentemente attuale, suggerendo una riflessione amara su quanto poco, in fondo, cambino le cose.
L’Eroe, il Falso Eroe e la Confusione
Brancati pone l’accento su un periodo tra il ’36 e il ’43, anni in cui secondo l’autore le condizioni morali e mentali del popolo italiano erano talmente depresse da rendere indistinguibile il vero eroismo da quello falso. Quest’analisi si fa ancora più intensa considerando che anche Brancati, in un primo momento, fu sedotto dal fascismo, descrivendo questa infatuazione come un “antidoto del pensiero”.
Confessioni di un Ex Fascista
Forse uno degli aspetti più affascinanti del libro è la confessione personale di Brancati, che ammette di essere stato inizialmente un fedele sostenitore di Mussolini. Questo apre una finestra sulla complessità degli individui e sulla difficoltà di giudicare il passato con gli occhi del presente.
Conclusioni di ViralNews
“I fascisti invecchiano” di Vitaliano Brancati non è solo la critica di un’epoca, ma un invito a riflettere sulla natura umana, sull’attrazione verso il potere e sulle facili seduzioni delle ideologie. Attraverso il suo stile unico, Brancati ci ricorda che la storia spesso si veste di ridicolo, e che forse, ridere di essa potrebbe non solo essere una medicina, ma anche un potente strumento di comprensione. Lettori, quanto siamo disposti a imparare dal passato e a riconoscere i vecchi errori in nuove vesti?