Trento, 12 dicembre 2013. – Tema: Commenta con parole tue le seguenti parole del Duce, tratte dai Colloqui con Mussolini di Emil Ludwig: «il mio animale prediletto, il gatto». Svolgimento. Il Duce si esprime con schiettà romanità. Nessun elemento del discorso è mutuato da lingue straniere. Inoltre il Duce ha voluto formare una sigla: I(l) M(io) A(nimale) P(rediletto) I(l) G(atto): IMAPIG. La disfattista propaganda anglofona e plutocratica si è affrettata a sciogliere la sigla nelle parola inglesi I’M A PIG, «io sono un maiale», ma è certamente una vile messinscena del nemico. Il Duce ha voluto ricordare ai suoi fedeli la propria eccellenza: Io, Mussolini, Autore e Proclamatore dell’Impero, Governo. Così, con modestia tutta latina e umorismo tutto romagnolo, il Duce ha voluto occultare la propria identità nelle semplici parole sul gatto. In IMAPIG, secondo il dizionario delle sigle, si celano anche altri sensi: Italia, Malta, Austria, Portogallo, Italia, conduttanza elettrica. Infatti l’Italia si oppone a Malta, l’Austria e il Portogallo sono Paesi amici dell’Italia, la conduttanza elettrica (G) è da interpretare politicamente. Il Duce ha voluto comunicarci anche altre cose: se togliamo la prima lettera da ogni parola, il risultato è L IO NIMALE REDILETTO L ATTO. Certamente ci riconosciamo una frase di densa poesia e forte significato: L’io, nimale, re diletto, l’atto! In queste parole il Duce ha voluto magnificare l’io romano, maschio e possente; ha voluto omaggiare l’industrioso lavoro manuale, perché «nimale» è il trasparente anagramma di «le mani»; «re diletto» è il più devoto e umile degli omaggi al Sovrano; e «l’atto» è l’azione operosa del Duce. Forse il Duce ha voluto dire anche «re di letto», alludendo al maschio proverbio «chi non è buono per il re non è buono per la regina». Letta al contrario, la breve espressione del Duce offre altri significati. OTTAG LI OTTELIDERP ELAMINA OIM IL. Benché oscura a chi non è ancora illuminato dalla fede fascista, essa si pone come un invito ad una maschia lotta. Mussolini ha detto: Ott agli ott! Elider P! è la mina! Ò i Mil! Ott’ agli ott’, otto agli otto, è come dire: pane al pane, vino al vino. Elider P: elidere la lettera P, perché questa labiale provoca spruzzi di saliva, dai quali nascono molte malattie. È la mina: è un chiaro proclama di attivismo bellicista e antipacifista. Ò i Mil: il Duce ha usato la classica, schiettamente italica, forma del verbo «ho» senza h, quindi scrive «ò», e «i Mil», con classica abbreviazione, sono i Mille garibaldini, precursori della nuova Italia fascista e imperiale. Stop, basta. Non si può dire che non abbia commentato con parole MIE. C’è poco da scherzare con Mussolini, e guai a chi tocca un gatto. Non si finisce mai di interpretare: il bello è questo, il brutto è che l’interpretazione è illimitata e creativa. E paradossalmente è illimitata perché si riferisce ad un ritaglio. Più è rosicchiata la crosta, più dilaga la fantasia: è cosa da affamati, gentili, e da bruti, furiosi (spesso si è affamati e brutali, nello stesso tempo). Tolti i nessi originari – dove, se proprio si ama il Duce, sta la vera originalità di Mussolini – appariranno altri nessi, straordinari (extra-ordinari), ma senza limiti. Sono nessi sconnessi. Ora, qui si esagera, ma lo facciamo tutti, ritagliando come l’Eco della Stampa. Anzi peggio: riducendo al fonema. È vero: con il ritaglio del ritaglio – c’è una ricetta simile in Tristan Tzara – si costruiscono cose nuove. Però il Dada gioca, e in francese un dada è un passatempo o un hobby. Attenzione a chi non fa il dada-dadà, quando rovescia le parole. Può essere un maniaco, un presidente operaio, un presentatore del vecchio conio, non si sa mai. Oppure è un poeta e la tela multicolore è il suo gioco: lui ne è portatore sano, ma tu che leggi ti ammali – ti ammalii –, senza saperlo. Ed ecco, per dovere di Filologia, le parole originali di Mussolini ad Emil Ludwig: «Sarebbe per me la cosa più gradita vivere sempre soltanto sul mare! Non potendo, mi rivolgo agli animali. La loro vita psichica somiglia a quella dell’uomo, e tuttavia nulla esigono dall’uomo: cavalli, cani, e specialmente il mio animale prediletto, il gatto». Morale: non ci si improvvisa crittografi, non ci si improvvisa Lacan. Seconda morale: il gatto dà tanto a chi lo mantiene, come una promessa (diffidare di chi li odia, sempre). Terza morale: bisogna ritagliare in due modi: o bene o tanto. E chi ritaglia poco? O non capisce (peggio per lui) o gioca. E chi gioca è sempre scusato: basta dire «ueh! stav’ pazziand’!», e il discorso è finito lì. C’è anche chi oscilla tra illusione e disillusione, e sa quello che fa. Vive solo di parole, no? (Vedi articolo precedente). Sono gli autori, sempre loro: rivoltano la giacca come vogliono. Cioè: se vogliono, quando vogliono. Si attaccano alla sillaba e al fonema, naturali e sinuosi, come fiere. Gli autori ci giocano da secoli, in realtà. A volte lo dichiarano, a volte no. E pensare che c’è chi crede ai Rettiliani: illusi, c’è più complotto in un dada-dadà che in una Società Segreta.
]]>