Trento, 26 dicembre 2013. – Quando mi dicono che la mia prosa è solo musicale divento una furia. Sì, è musicale, certo, ma esprime anche qualcosa. Esprime idee? Diciamo di sì, più o meno, ma non credo alle idee, perché sono ripetizioni. In fondo, ogni idea è l’idea di un altro, volgarizzata da noi: non è una cosa brutta, basta saperlo. Le sensazioni e le visioni sono diverse: sono individuali, soggettive, incomunicabili. E qui ci sono visioni personali, oltre che idee ripetute: sono visioni virate al rosso, al giallo, al blu; visioni e anche esagerazioni, è chiaro, altrimenti non sarebbero personali. E le visioni virate esprimono il laboratorio privato, il cuore della Camerata Informale, la nostra Cuccagna interiore e sinestetica. La lingua dello Stile Ostile suona anche bene, certo, se no non sarebbe stile; però azzanna: anche politicamente. Mi dicono: questa roba è troppo sottile per i Trentini, è gente di montagna. E mi dicono: sei ligure, come Sbarbaro, Boine, Calvino, Montale, quindi pratichi questi suoni severi. Sei ligure e canti bene, ma dici poco. E ora mi spiego. Mi hanno detto che siete ruvidi. Che non capireste certi giri di sintassi. Che dovrei scrivere male, per voi. Che la musica vi scivola addosso e voi non la capite. Io non ci voglio credere, e in ogni caso devo dare tutto, non una parte. Allo stesso modo: non fingere, NON FINGERE, e soprattutto non mediare mai. Mi date l’opportunità di scrivere per voi, e io dovrei trattarvi da scemi? Darvi poco? Mai. In casa vostra, poi. Mai, davvero. Mi avete dato uno spazio – cioè fate un investimento – e io ci lavoro, al livello più alto possibile. Sempre così. Uno si sente Cyrano e lo sbattono nel villaggio dei Puffi. Dicono che c’è troppa raffinatezza, tutta musica. Però è triste: cerchi la polifonia della volontà e sembri un piccolo esteta, un flautino del Mulino Bianco. È proprio brutto, davvero: ti spacchi l’anima e il CORPO – soprattutto il CORPO – e ti vedono come una violetta e un castrato. E poi c’è la scrittura, va bene. Ho fatto il lavapiatti, il portiere di giorno e il portiere di notte; nello stesso tempo, facevo edizioni di testi mediolatini, e anche della Comedìa di Dante: e dov’è l’equilibrio? Mai stato. Con questa vita – e con certe storie violente, ma che non lasciano tracce sul viso, perché sono storie misere, e chi vince, io, ha vinto e non vuole segni, ma progetti belli –, avrei dovuto imitare Bukowski: il disgraziato scrive da disgraziato di cose disgraziate. Perché no? Bukowski è un gigante. Ma è Bukowski, cioè si fa una legge da solo. Ora il disgraziato ligure solfeggia, oltre a respirare. È barbarico, come la metà non borghese della città in cui vive; ma non è grossolano; è duro, ma non sporco. E poi non è che beva poco, se la misura della disgrazia è alcoolica (e fuma pure, bambìn). Il solfeggio barbarico darà tutto, proprio tutto. Avete presente Jack Kerouac? Parla da patriota e non da rivoluzionario: “Io sono filoamericano e il radicalismo politico di oggi sembra tendere altrove. Il Paese ha dato alla mia famiglia canadese una buona opportunità, tutto sommato, e non vediamo il motivo di umiliare la nazione”. Tossico, alcoolizzato e girovago, va bene; ma perché non avrebbe dovuto pensare da repubblicano? Kerouac è stato leale con gli USA, e perché no? Tu deludi chi ti vede a metà, ma chi ti vede intero ti ama. Ma chi ti vede intero? Pochi. E pochi sanno decifrare una musica. Per molti la musica è un divertimento, non la cosa maliarda che è. Persino Fellini disse di non poterla sopportare, se non come tappeto dei film: non poteva proprio sentirla, a meno che non fosse roba sua. Ecco, se scrivo musica, musica così, non è per distrarre. Se la musica eccita, sono arrivato al punto nervoso, anche per me: perché questi suoni sono in una sintassi, che porta la sua visione. La Camerata Informale è una Camerata Passionale. È dura, ma non si diffama; rivendica, ma non uccide; non pratica la diversità, perché non finge e non recita (in teatro sì, al cinema anche); conosce il galateo e sa perché negarlo (e quando praticarlo); non ha ruoli, ma li crea. Non è democratica, perché divide molto; ma non è autoritaria, perché ha dei modelli. La Camerata Informale è la mente. Apparirà un fronte passionale, ideale, musicale – non si vede ancora, ma è un fronte politico: preparatevi – e io voglio questo. Ecco un bel motto francese e ci vediamo presto: “Togliete le mutande alle vostre frasi”. Proprio così: altro che musica per angeli e boati per montanari. Qua c’è da rifare tutto.
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